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Il decoder arriva sulla «chiavetta»

di Daniele Lepido

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5 Agosto 2009

Quando la televisione aveva ancora la forma di una scatola e il telecomando era un ritrovato futuristico, sprofondare in poltrona era possibile anche senza complicati manuali d'istruzione. Oggi, invece, il passaggio alle trasmissioni digitali - il famoso switch off – tra i tanti pregi ha prodotto anche qualche fastidioso effetto collaterale: l'incontrollato fiorire di cavi, la moltiplicazioni dei telecomandi (si veda Il Sole 24 Ore del 24 luglio), ma soprattutto l'imporsi di un oggetto che per molti è un'incognita: il decoder.
Per capire come orientarsi in questo mare magnum tecnologico, bisogna tenere presente che la televisione digitale si può fruire in tre modi diversi: attraverso il satellite (è questa principalmente l'offerta di Sky), il digitale terrestre (Mediaset Premium e Dahlia Tv, la ex La7 Cartapiù) e l'Iptv, la tv via internet con operatori come Telecom Italia o Fastweb. Se queste sono le offerte a pagamento, da qui al 2012 chiunque voglia vedere la televisione gratuita (canone a parte) – dai tre canali Rai a quelli "in chiaro" del Biscione – dovrà possedere, appunto, un decoder, cioè uno "scatolotto" che rende leggibile dalle vecchie tv il segnale digitale (nelle nuove televisione, invece, deve essere integrato). Il prezzo base dello "scatolotto" è 30 euro, anche se gli esperti consigliano di non risparmiare troppo, perché gli apparecchi così economici non permettono, eventualmente, di accedere all'offerta pay, per le quali invece serve un decoder Mhp interattivo (Multimedia home platform), con prezzi a partire da 59 euro, dotato di smartcam, cioè delle "porte" che leggono le diverse tessere pay per view.
Per chi invece non è raggiunto dal digitale terrestre c'è TivùSat, una piattaforma che ha come azionisti Rai (48,25%), Mediaset (48,25%) e Telecom Italia Media (3,5%), che porta di fatto il segnale Dtt sul satellite, con l'acquisto di un decoder da 99 euro. E sempre per chi vuole vedere i canali in chiaro del digitale terrestre c'è un'altra soluzione, che questa volta passa dal computer. Si tratta di una "chiavetta" del costo di 140 euro per connettersi in 3G alla rete, che però permette anche la ricezione dei canali del digitale terrestre. Si chiama Dt515hs, è dotata di una mini-antenna, ed è prodotta da un'azienda italiana, la Onda Communication.
Dal punto di vista commerciale le tv a pagamento – Sky più di tutti – stanno puntando sull'alta definizione anche per dare, come dicono gli esperti, un senso ai nuovi maxi televisori "full hd", che sono in grado di riprodurre sullo schermo 2.073.600 pixel, pari a una risoluzione di 1.920 per 1.080 punti, quando le vecchie 625 righe delle televisioni del passato corrispondevano grosso modo a una risoluzione di 768x576, poco più di una scheda Vga, utilizzando questa volta il linguaggio informatico.
Ma in queste ore la televisione digitale sta vivendo un'altra polemica: quella relativa al decoder satellitare unico, del quale si parla anche in una delibera dell'Agcom (la 216/00/Cons). Come rileva infatti l'Adiconsum, ogni emittente trasmette sul satellite utilizzando un proprio sistema di criptaggio del segnale televisivo. Per esempio, chi ha un decoder satellitare (non di Sky) «non può vedere Rete4 che trasmette in chiaro sul digitale terrestre ma criptato su TivùSat». La soluzione sarebbe quindi quella di avere un decoder unico, «obbligando Sky – scrive sempre l'Adiconsum – a cedere la propria codifica del segnale ai produttori di decoder (multicript), oppure obbligare TivùSat e ancora la stessa emittente di Murdoch a trasmettere anche con la codifica dell'altro operatore».
Ma per il decoder unico, forse, bisognerà aspettare ancora, visto che ognuno tiene ben serrati i "lucchetti" dei propri segnali per motivi commerciali.

daniele.lepido@ilsole24ore.com

5 Agosto 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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